
Il cinque Maggio
di Alessandro Manzoni
Dalla «Gazzetta di Milano» del 16 luglio 1821, Alessandro Manzoni apprese la notizia della morte di Napoleone Bonaparte, avvenuta nel suo esilio a Sant’Elena il 5 maggio 1821. Alessandro Manzoni, che si era sempre astenuto dal formulare giudizi su Napoleone Bonaparte quando era in vita, scrisse quasi di getto, in appena tre giorni (dal 17 al 20 luglio 1821), un’ode, Il Cinque Maggio, che riproponesse al mondo la vicenda di un uomo molto discusso in vita sia per le sue scelte politiche sia per le sue imprese militari. In realtà Il Cinque Maggio non è un’ode celebrativa del genio napoleonico o il compianto per la morte di un eroe; ciò che maggiormente interessa al poeta è il Napoleone uomo. Manzoni rivive, così, nella mente tutta l’avventura napoleonica nelle sue tappe fondamentali – dall’inarrestabile ascesa agli anni del trionfo, all’improvvisa caduta – un’avventura che sembra confermare ad Alessandro Manzoni l’estrema caducità di ogni umana vicenda e di ogni gloria terrena. Solo i posteri potranno un giorno dire se quella di Napoleone fu vera gloria o qualcosa di diverso: da parte sua Manzoni non può far altro che limitarsi a constatare, da buon cristiano, come Napoleone sia stato solo uno strumento nelle mani di Dio, che attraverso di lui ha inteso realizzare i suoi disegni provvidenziali. E come in vita Napoleone è stato un inconsapevole strumento della Provvidenza (vera protagonista dell’intero componimento), così in morte non può non essere stato sorretto e salvato dalla Misericordia divina. E alla misericordia di Dio, che ha permesso a Napoleone di redimersi e di salvarsi nel momento in cui era più solo e stava per sprofondare nell’abisso della disperazione, devono accompagnarsi la pietà e la clemenza degli uomini, che devono rendersi conto di come nella vita di Napoleone, riscattata dalla sconfitta e dall’umiliazione, si sia realizzato il disegno divino.